La Storia

Nella sua configurazione, il territorio di Valfornace ha un’origine antichissima. I primi insediamenti risalgono alla preistoria. Nella sezione archeologica del Museo civico “Raffaele Campelli” sono conservati, infatti, alcuni manufatti litici del paleolitico. Una tomba rinvenuta in località San Francesco testimonia la presenza di gruppi umani in questo territorio già nel corso del VII secolo a.C. Numerosi reperti provenienti da Monte San Savino (IV-III secolo a.C.), anch’essi conservati nel locale museo, confermano l’esistenza di un insediamento (probabilmente un centro d’altura, oppure un santuario) riferibile al contesto piceno. La presenza di una ricca produzione ceramica e di altri manufatti d’importazione attesta, nel quadro della cultura celto-greco-etrusco-italica, la vivacità commerciale dell’intera area. All’età imperiale romana appartiene con certezza un edificio venuto alla luce nel 1964 a San Giovanni dell’Isola, con probabile funzione termale. Il medioevo segna in profondità il territorio di Pievebovigliana e Fiordimonte, che vede il passaggio di santi, papi e condottieri militari, ma che diventa anche teatro di battaglie e congiure, nonché fonte di ispirazione letteraria. A questo periodo appartiene la chiesa di San Giusto a San Maroto, uno dei più importanti monumenti del romanico marchigiano, originariamente posta all’interno del castello dei signori feudatari di San Maroto. La sua particolare struttura a pianta centrale ha alimentato numerose congetture sulla sua origine. Per la sua realizzazione si suppone l’arrivo di esperte maestranze dall’Oriente, in particolare dalla Siria. Alla sua tradizionale lettura come chiesa fondata intorno all’anno Mille si contrappone l’ipotesi che l’edificio sia nato come padiglione da caccia, funzionante anche come osservatorio astronomico, risalente al periodo carolingio, voluto dallo stesso Carlo Magno. La fondazione del convento di San Francesco a Pontelatrave si fa risalire, invece, allo stesso santo, che nel 1215, in occasione di uno dei suoi viaggi nelle Marche, avrebbe soggiornato in un bosco vicino. Alla costruzione del convento, su terreno donato dal conte Braschi del castello di Giove, si lega un episodio dei Fioretti: San Francesco avrebbe tramutato in vino l’acqua del pozzo, per dissetare gli operai impegnati nella costruzione del primo edificio. L’attuale struttura della chiesa risale alla fine del XIV secolo, mentre il convento è stato ricostruito in epoche successive. Al tardo medioevo risale anche il monastero femminile di San Pietro di Pompeiano, poco distante dal convento di San Francesco, purtroppo scomparso. Tra il 1371 e il 1385 i Da Varano, signori di Camerino, costruiscono, nella pianura sottostante, il castello di Beldiletto, poi trasformato in una sontuosa e splendida residenza estiva da Giulio Cesare. In queste sale, riccamente dipinte, nel 1382 vengono ospitati Luigi I d’Angiò e Amedeo VI di Savoia nel loro passaggio verso il Regno di Napoli. Nel 1419 il castello viene conquistato da Carlo Malatesta, signore di Rimini, in lotta con i Da Varano, il quale viene successivamente sconfitto dai signori di Camerino con l’aiuto di Braccio da Montone. Alla fine del 1504, nel castello di Beldiletto Giovanni Maria da Varano riceve Alessandro Farnese, cardinale legato della Marca. Nel 1510 vi soggiorna, con tutto il suo seguito, composto da sette cardinali e 200 uomini a cavallo, il papa Giulio II. Lo stesso castello di Pievebovigliana, oggi dominato dalla mole della chiesa di Santa Maria Assunta, di origine medievale, ma restaurata tra il XVIII e il XIX secolo e che racchiude la cripta romanica risalente ai secoli XI e XII, viene distrutto nel 1528 dalle truppe della duchessa Caterina Cybo, vedova del duca Giovanni Maria, impegnata nelle lotte dinastiche per il controllo della signoria dei Da Varano. Come ricorda Camillo Lili nella sua Historia di Camerino, i soldati che stanno marciando verso il castello di Fiordimonte, che si è schierato a favore dei Da Varano del ramo di Ferrara, nel «passaggio per la Pieve Bovigliana, non avendo voluto quei del castello riceverli, e per haver tentato uno di loro d’uccidere con un’accetta il conte Giulio Mirabella, fu posto quel luogo a sacco, con morte di 56 e altrettanti mortalmente feriti. La calamità della Pieve fu la salute di Fiordimonte». A Pievebovigliana trova ispirazione uno dei maggiori scrittori della letteratura medievale italiana, Franco Sacchetti, autore del Trecentonovelle. In una di queste, egli descrive le vicende di alcuni soldati di Pievebovigliana arruolati nell’esercito di Gentile da Camerino, nipote di Rodolfo Da Varano, mandato a combattere contro la
città di Matelica, i quali si ubriacano, combattono contro un pagliaio e vengono fatti prigionieri mentre sono impegnati a raccogliere delle ciliegie:

E stando in questa questione, li Matelicani furono alla detta brigata, e pigliarono, delli trenta e dieci buon fanti, trenta e undici. Alli quali, a cui furono tratti i denti, a cui mozzi gli orecchi; e quello che poteano per uscire di prigione. E così capitarono questi gagliardi, che, essendo armati di mosto, combatterono con la paglia; e poi appiè d’un ciriegio furono vinti, senza fare alcuna difesa.

L’importanza strategica di Pievebovigliana è dimostrata dal citato documento del 1218, con il quale il vescovo Atto di Camerino conferma i privilegi della Pieve, assicurando al suo titolare numerosi possedimenti, in termini di terre, vigne, mulini e selve, oltre al controllo su tutte le chiese del territorio. Tra medioevo ed età moderna, l’intero territorio di Valfornace costituisce uno snodo viario di fondamentale importanza per i traffici commerciali, i percorsi delle transumanze e i cammini di viandanti e pellegrini. Dalla via Lauretana, infatti, e in particolare dalla stazione di posta di Pontelatrave, collocata allo sbocco della vallata del fiume Fornace, verso la montagna si inerpicano numerosi sentieri, che disegnano una fitta rete di possibili percorsi. Uno di questi è quello che da Pievebovigliana e Fiordimonte sale in direzione di Cupi, del santuario di Macereto e di Visso, principali centri delle attività armentizie, per poi scendere verso Preci e Norcia. È lo stesso priore di Pievebovigliana, in una lettera del 1831 a sottolineare come il suo paese occupi una posizione strategica all’interno di questa rete di comunicazioni. Pievebovigliana «è paese da transito alle vicine province, ed è il deposito di tutte le merci, che si spediscono a Visso, Norcia, Cascia, ed anche negli Abruzzi, le quali condotte coi tra sporti a ruote dalla Marina in questo luogo, poste a magazzeno vengono a schiena condotte fino negli Abruzzi e viceversa». Tra Sette e Ottocento, le testimonianze sul ruolo del territorio di Fiordimonte e Pievebovigliana come snodo viario commerciale sono numerose. Nell’aprile del 1818, un mercante di quest’ultima località chiede alle autorità comunali di informare il doganiere di Civita di Cascia sulle difficoltà che egli incontra nella spedizione della sua merce: «essendo state scaricate in questi suoi magazzeni n. 12 colli di diverse mercanzie provenienti da Ancona e dirette per gli Abruzzi, non ha potuto spedire le medesime dai vetturali stante la stravaganza dei cattivi tempi, e soprattutto per l’abbondanza delle nevi che ha chiuso il transito alle vetture la via di Visso».

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